Islam sciita
- Questo articolo riguarda l’Islam sciita. Per altre definizioni quali shi'a imamita o duodecimana, vedere Imamiyya.
L’Islam sciita (in arabo: التشيّع) è una delle due principali denominazioni islamiche. Insieme al monoteismo, alla missione profetica e alla resurrezione, l’imamato costituisce uno dei pilastri dell’Islam sciita che lo distingue dall’Islam sunnita. Secondo l’Islam sciita un imam è designato da Iddio e viene presentato alla gente tramite il Profeta (S), il quale scelse l’Imam Ali (S) come suo immediato successore per ordine divino.
Tutte le denominazioni sciite, fuorché la zaydiyya, credono sia nell’infallibilità degli Imam (A) sia in quella del Profeta (S). Inoltre esse credono nell’occultamento dell’ultimo Imam, il Mahdi (A) promesso, colui che un giorno si manifesterà guidando una rivolta per stabilire la giustizia nel mondo.
Secondo la denominazione sciita, similmente a quella sunnita, le fonti per dedurre le regole della sharia includono il Corano, la sunna, la ragione e il consenso. Tuttavia gli sciiti ritengono che la sunna includa non solo le pratiche e le parole del Profeta (S), bensì anche quelle degli Imam (A), rendendole fonti aggiuntive da cui derivare le regole della sharia.
Alcuni punti del credo teologico sostenuto dalla shi'a sono i seguenti: il bene e il male razionale delle azioni, la trascendenza degli attributi divini, il concetto di "amr bayn al-amrayn", il rifiuto della rettitudine come caratteristica di tutti i compagni del Profeta (S), la pratica della taqiyya (dissimulazione precauzionale), l’atto del tawassul e il credere nell’intercessione. Oggi la denominazione sciita consiste di tre sotto-denominazioni: imamiyya, ismailita e zaydita. La maggior parte degli sciiti sono imamiti o duodecimani. Essi credono nell’imamato dei Dodici Imam (A), di cui il dodicesimo è al-Mahdi (A), il salvatore promesso. Gli ismailiti credono nell’imamato degli Imam imamiti (A) fino al loro sesto Imam, l’Imam al-Sadiq (A). Dopo di lui, essi credono nell’imamato di Isma'il, uno dei figli dell’Imam al-Sadiq (A), e poi Muhammad, figlio di Isma'il, che essi ritengono essere il Mahdi promesso. Da un altro lato, gli zayditi non limitano il numero degli imam: essi credono che ogni individuo della progenie della nobile Fatima (A), che rispecchi i criteri come la conoscenza, l’ascetismo, il coraggio e la generosità, può essere considerato un imam. I governi sciiti nella storia del mondo islamico includono gli Idrisidi, gli Alaviti del Tabaristan, la dinastia Buyid, gli Zayditi nello Yemen, i Fatimidi, gli Ismailiti, i Sarbadar nel Sabzevar, la dinastia safavide e la Repubblica islamica dell’Iran. Secondo il Forum Pew sulla religione e la vita pubblica, nel 2009, il numero di sciiti costituiva circa dal 10 al 13% della popolazione musulmana globale. Basandosi su queste statistiche la popolazione sciita ammontava da 154 a 200 milioni di seguaci. La maggior parte degli sciiti risiedono in paesi come l’Iran, il Pakistan, l’India e l’Iraq.
Definizione
Il termine shi'a fa riferimento ai seguaci dell’Imam Ali (A), i quali credono che il Profeta (S) lo ha esplicitamente designato quale suo diretto successore.[1] Al-Shaykh al-Mufid sosteneva che il termine "al-Shi'a", con l’articolo definitivo (al-), indica specificamente i seguaci dell’Imam Ali (A) che credono nella sua diretta autorità e imamato dopo il Profeta (S).[2] Dall’altro lato i musulmani sunniti credono che il Profeta (S) non ha esplicitamente designato un successore, e siccome i musulmani hanno all’unanimità giurato fedeltà ad Abu Bakr, quest’ultimo è considerato il successore del Profeta (S).[3] Rasul Jafarian, un ricercatore contemporaneo di storia sciita, sostiene che per molti secoli dopo l’avvento dell’Islam, il termine shi'a fu usato per riferirsi a coloro che esprimevano amore e devozione all’Ahl al-Bayt (A), la famiglia del Profeta (A), e allo stesso modo a coloro che anteposero l’Imam Ali (A) a 'Uthman, il terzo califfo.[4] Per distinguerli dal primo gruppo [coloro che credono nella diretta autorità di Ali - A - dopo il Profeta), conosciuto come sciiti dottrinali, questi individui venivano definiti sciiti basati sull'amore (coloro che amano l’Ahl al-Bayt).[5] Il termine shi'a letteralmente significa seguace, sostenitore o fazione.[6]
Origini
Riguardo alle origini dello sciismo, esistono varie opinioni. Gli studiosi indicano periodi diversi nel quale potrebbe essere nato:
- Il periodo durante la vita del Profeta (S) prima dell’anno 11/632.
- In seguito all’Evento di Saqifa nell’anno 11/632.
- Successivamente all’omicidio di Uthman nell’anno 35/656.
- Dopo l’Evento dell’Arbitrio [legato alla battaglia di Siffin] nell’anno 37/658.[7]
Certi studiosi sciiti sostengono che la shi'a esisteva già al tempo del Profeta (S), perché alcuni suoi compagni erano sostenitori di Ali (A).[8] Essi fanno riferimento agli hadith[9] e ai documenti storici[10] che menzionano l’esistenza della shi'a di Ali (A) durante la vita del Profeta (S).[11] Dopo la dipartita del Profeta (S), questi individui protestarono contro la decisione presa dal Consiglio di Saqifa, che si concluse con l’elezione di Abu Bakr a califfo, rifiutandosi di giurargli fedeltà.[12] Secondo Nashi al-Akbar, nel libro Masa'il al-imama, lo sciismo dottrinale esisteva già dai tempi dell’Imam Ali (A).[13]
Teoria dell’imamato
- Articolo principale: Imamato
La credenza condivisa da tutte le denominazioni sciite riguarda la loro posizione sull’imamato.[14] L’imamato occupa una posizione fondamentale tra le questioni teologiche sciite.[15] L’imamato concerne la guida della comunità islamica e la successione del Profeta (S) in entrambe le questioni mondane e spirituali. Per gli sciiti l’imam è l’autorità più degna di interpretare le regole religiose dopo il Profeta (S).[16] Secondo gli hadith sciiti, lo status dell’imam è considerato talmente significativo che se qualcuno muore senza conoscere l’imam del proprio tempo, lo si ritiene morto da miscredente.[17]
Il Profeta (S): “Colui che muore senza aver conosciuto l’Imam del suo tempo è morto in uno stato d’ignoranza [ossia da miscredente]”. TAFTĀZĀNĪ, SHARḤ AL-MAQĀṢID, VOL. 5, P. 239.
Necessità di una designazione esplicita dell'Imam
Gli sciiti credono che l’imamato è un principio fondamentale del credo religioso ed in verità è una posizione divina. Secondo il loro credo la scelta dell’imam non è lasciata alla discrezione della gente o della comunità; al contrario è responsabilità dei profeti designare i loro successori.[18] Perciò i teologi sciiti (esclusi gli zayditi) enfatizzano la necessità che l’imam sia “designato” dal Profeta (S) o dall’imam che l’ha preceduto.[19] Essi credono che l’unico modo per accertare l’identità dell’imam è tramite esplicita evidenza (nass),[20] ovvero una dichiarazione o azione chiara che indichi in modo diretto la posizione dell’imam.[21] L’argomentazione della shi'a si fonda sul credo che l’imam debba possedere la condizione dell’infallibilità, e solo Iddio sa chi possiede questo attributo.[22] L’infallibilità è considerata una qualità interiore e le azioni esteriori degli individui non possono essere considerati utili per determinare la loro infallibilità.[23] Pertanto è necessario che Iddio designi e presenti l’imam alla gente tramite il profeta.[24]
I libri di teologia sciita presentano argomentazioni testuali e intellettuali a supporto della necessità dell’esistenza di un imam nella società.[25] Gli sciiti citano evidenze testuali come il versetto dell’Ulu l-Amr e l’hadith Man mat.[26] Inoltre una delle loro argomentazioni intellettuali o filosofiche è basata sul principio del lutf. Questa argomentazione sostiene che la presenza dell’imam incoraggia più individui ad obbedire a Dio e ad evitare i peccati. Secondo il principio della grazia (lutf), è Dio che deve intraprendere tutte le azioni atte a facilitare tali obiettivi: ecco perché si ritiene essenziale che Iddio designi un imam.[27]
L’infallibilità dell’Imam
Articolo principale: L’Infallibilità degli Imam (A) Gli sciiti credono fermamente nell’infallibilità degli Imam (A), considerandola un requisito fondamentale per l’imamato.[28] Essi supportano questo credo con argomentazioni testuali e razionali,[29] come il versetto Ulu l-Amr,[30] il versetto della prova di Abramo (A)[31] e l’hadith al-Thaqalayn.[32]
Tra gli sciiti, gli zayditi hanno un’opinione diversa riguardo all’infallibilità degli Imam (A). Secondo la loro visione, solo i Compagni del mantello, ossia il Profeta (S), Ali (A), Fatima (A), al-Hasan (A) e al-Husayn (A) sono considerati infallibili.[33] Essi non riconoscono l’infallibilità degli altri Imam (A), considerandoli individui ordinari.[34]
Il problema della successione del Profeta
Gli sciiti credono che il Profeta (S) dichiarò pubblicamente l’Imam Ali (A) come suo successore, affermando che l’imamato è un diritto esclusivo di Ali (A) e dei suoi discendenti.[35] Tuttavia gli sciiti zayditi sposano un’opinione diversa. Essi accettano l’imamato di Abu Bakr e 'Umar, pur credendo che l’Imam Ali (A) meritasse maggiormente tale posizione. Secondo il loro credo, la comunità islamica commise un errore eleggendo Abu Bakr e 'Umar come imam. Tuttavia, poiché l'Imam Ali (A) diede il suo consenso al loro imamato, si ritiene necessario riconoscere anche il loro imamato.[36] I teologi sciiti presentano versetti coranici e hadith come prova a sostegno del credo della diretta successione dell'Imam Ali (A) al Profeta (S). Questi includono riferimenti al versetto della Wilaya, l’hadith al-Ghadir e l’hadith al-Manzila.[37]
Le denominazioni sciite
Le più importanti denominazioni sciite includono I’imamiyya, lo zaydismo, l’ismailismo, la ghaliyya, la kaysaniyya e, in una certa misura, la waqifiyya.[38] In queste denominazioni vi sono varie ramificazioni, come quella dello zaydismo, che possiede fino a dieci rami,[39] e quella della kaysaniyya, che presumibilmente possiede quattro rami.[40] È degno di nota che nonostante vi siano state numerose denominazioni sciite nel corso della storia, molte non esistono più.[41] Oggi le tre principali denominazioni sciite con seguaci attivi sono l’imamiyya, lo zaydismo e l’ismailismo.[42]
La denominazione kaysaniyya annoverava i seguaci di Muhammad ibn al-Hanafiyya. Essi sostenevano che dopo l’Imam Ali (A), l’Imam al-Hasan (A) e l’Imam al-Husayn (A), l’imamato sarebbe spettato a Muhammad al-Hanafiyya, un altro dei figli dell’Imam Ali (A). Essi affermavano che Muhammad al-Hanafiyya era il Mahdi promesso e che risiedeva sul Monte Radwa.[43]
Con il termine waqifiyya si fa riferimento a coloro che credono che l’Imam al-Kazim (A) fu l’ultimo imam e smisero di riconoscere ogni imam successivo.[44] La denominazione ghaliyya, d’altro canto, fu un gruppo estremista che aveva credenze esagerate riguardo allo status degli Imam sciiti (A). Queste credenze includevano l’idea che gli Imam non fossero stati creati o l’equiparazione degli Imam a Dio.[45] È importante notare che gli Imam sciiti (A) si opponevano e combattevano attivamente contro ogni forma di ghuluww (esagerazione) in merito al loro status.[46]
Sciismo duodecimano
- Articolo principale: Imamiyya
Lo sciismo duodecimano (ithna'ashari) è la denominazione predominante della shi'a[47], esso comprende il maggior numero di seguaci sciiti. Secondo le credenze degli sciiti duodecimani, dopo il Profeta (S) si sono succeduti dodici Imam (A), dei quali il primo è l’Imam Ali (A) e l’ultimo l’Imam al-Mahdi (A),[48] che attualmente è vivo e in stato di occultamento. Gli sciiti duodecimani sono in attesa della sua manifestazione, quando verrà per stabilire giustizia sulla terra.[49] Raj'a è una convinzione tipica dello sciismo duodecimano.[50] In base a tale dottrina, dopo l’avvento dell’Imam al-Mahdi (A), alcuni individui saranno resuscitati, tra di essi sia rette figure della comunità sciita sia gli avversari dell’Ahl al-Bayt (A), costoro saranno puniti per le loro azioni in questo mondo.[51] Tra gli illustri teologi imamiti troviamo: al-Shaykh al-Mufid (336/948 o 338/950 – 413/1022), al-Shaykh al-Tusi (385/995 – 460/1067), Khwaja Nasir al-Din al-Tusi (597/1201 – 672/1274), e 'Allama al-Hilli (648/1250 – 726/1325).[52] Tra gli eminenti giurisperiti imamiti possono essere annoverati: al-Shaykh al-Tusi, al-Muhaqqiq al-Hilli, 'Allama al-Hilli, al-Shahid al-Awwal, al-Shahid al-Thani, Kashif al-Ghita', Mirza al-Qummi e al-Shaykh Murtada al-Ansari.[53] La maggior parte degli sciiti in Iran, comprendente approssimativamente il 90% della popolazione del paese, aderisce all’Islam sciita duodecimano.[54]
Zaydismo
Articolo principale: Zaydismo La denominazione zaydita è attribuita a Zayd, figlio dell’Imam al-Sajjad (A).[55] I suoi seguaci sostengono che la designazione dell’imamato da parte del Profeta (S) comprendesse solo l’Imam Ali (A), l’Imam al-Hasan (A) e l’Imam al-Husayn (A).[56] Secondo le loro credenze, a parte questi tre Imam (A), ogni discendente della nobile Fatima (A), che mostri e soddisfi le condizioni di conoscenza, ascetismo, coraggio e generosità, può essere considerato un imam.[57]
Lo zaydismo sposa opinioni diverse in merito all’imamato di Abu Bakr e 'Umar. Alcuni di loro accettano il loro imamato, mentre altri lo rifiutano. Gli odierni zayditi dello Yemen tendono ad accettare l’imamato di Abu Bakr e 'Umar.[58] Le denominazioni jarudiyya, salihiyya e sulaymaniyya sono alcune delle note ramificazioni dello zaydismo.[59]Secondo al-Shahristani, l’autore di al-Milal wa l-nihal (Denominazioni e Credenze), la maggior parte degli zayditi sono allineati alla teologia mu'tazilita. Allo stesso tempo, nelle questioni di giurisprudenza sono influenzati dalla scuola hanafita, una delle quattro maggiori scuole di giurisprudenza sunnite.[60]
Secondo il libro Atlas-i Shi'a, gli zayditi costituiscono approssimativamente dal 35 al 40% della popolazione yemenita, che è stimata essere di circa 20 milioni.[61]
Ismailismo
- Articolo principale: Ismailismo
L’ismailismo è una denominazione sciita che riconosce gli Imam (A) dall’Imam Ali (A) all’Imam al-Sadiq (A). Tuttavia divergono dal settimo riconoscendo Isma'il, il figlio maggiore dell’Imam al-Sadiq (A), come imam legittimo, rifiutando l’imamato dell’imam al-Kazim (A) e i rimanenti Imam fino al Dodicesimo (A).[62] Gli ismailiti credono nel concetto dei sette periodi, dove ogni periodo incomincia con un “oratore” (natiq) che introduce una nuova sharia. Dopo il natiq, sette imam lo susseguono durante quel periodo.[63]
Una caratteristica distintiva dell’ismailismo consiste nell’enfasi posta sui significati esoterici (batin) dei testi religiosi. Gli ismailiti interpretano i versetti coranici, gli hadith, gli insegnamenti e le regole islamiche in una maniera che va oltre i lori significati apparenti (zahir). Essi credono che i versetti coranici e gli hadith possiedono entrambi gli aspetti, uno zahir e uno batin. Gli Imam possiedono la conoscenza del batin e lo scopo dell'imamato è di trasmettere gli aspetti interiori e nascosti della religione.[64] Al-Qadi al-Nu'man è comunemente ritenuto il giurisperito ismailita più stimato, e il suo libro Da'a'im al-Islam è considerato la fonte giuridica principale dell’ismailismo.[65] Tra gli insigni intellettuali ismailiti possono essere annoverati Abu Hatam al-Razi, Nasir Khusraw e una fratellanza conosciuta come "Ikhwan al-Safa'" (Fratelli di purezza).[66] In campo filosofico gli ismailiti hanno contribuito con opere come Rasa'il Ikhwan al-Safa' e A'lam al-nubuwwa.[67]
Oggi gli ismailiti sono divisi in due gruppi principali: aqakhaniyya e bohra. Le origini di questi gruppi risalgono alle due ramificazioni dei Fatimidi egiziani: gli ismailiti nizari e gli ismailiti musta'li.[68] Gli ismailiti aqakhani si stima abbiano circa un milione di seguaci, con una presenza significativa in paesi asiatici come l’India, il Pakistan, l’Afghanistan e l’Iran.[69] D’altro lato, gli ismailiti bohra si stima siano circa cinquecentomila, con l’80% della loro popolazione residente in India.[70]
Principali credenze teologiche
Gli sciiti condividono i principi fondamentali del credo religioso con gli altri musulmani, come il monoteismo, la profezia e la resurrezione, tuttavia si contraddistinguono per altre credenze. Oltre alle questioni dell’imamato e del mahdismo, gli sciiti sostengono la bontà e la malvagità razionale delle azioni, la trascendenza (tanzih) degli attributi divini, il concetto dell’“amr bayn al-amrayn”, il rifiuto della rettitudine come qualità di tutti i compagni del Profeta (S), la pratica della taqiyya (dissimulazione precauzionale), l’atto del tawassul e il credere nell’intercessione.
I sapienti sciiti, similmente a quelli mutaziliti, credono che la bontà e la malvagità delle azioni possono essere capite razionalmente.[71] Secondo questa opinione, le azioni possiedono una bontà o una malvagità intrinseca, indipendentemente dal fatto che Dio le ritenga tali.[72]Ciò contrasta con la visione asharita sostenente che la bontà e la malvagità delle azioni sono determinate solamente dai decreti religiosi.[73] In altre parole nelle azioni non vi è bontà o malvagità intrinseca, piuttosto sono ritenute giuste se Iddio comanda di eseguirle e sono considerate cattive se Iddio proibisce di compierle.[74]
Il concetto di trascendenza (tanzih) degli attributi divini è opposto ad altre due visioni: negazione di questi attributi e antropomorfismo. La visione in merito alla negazione implica che nessun attributo dovrebbe essere attribuito a Dio, mentre l’antropomorfismo paragona gli attributi di Dio a quelli delle Sue creature.[75] Nella credenza sciita certi attributi positivi che si applicano alle creature possono essere ascritti a Dio, ma Egli non può essere paragonato alle Sue creature nel modo in cui possiede questi attributi.[76] Per esempio, allo stesso modo con cui gli umani possiedono la conoscenza, il potere e la vita, si riconosce che anche Iddio possiede questi attributi. Tuttavia la conoscenza, il potere e la vita di Dio non sono simili a quelli degli esseri umani.[77] Secondo il concetto “amr bayn al-amrayn”, gli esseri umani non sono né assolutamente liberi, come sostengono i mutaziliti, né le loro azioni sono tutte predeterminate, come affermato dalla “gente degli hadith”.[78] Al contrario gli esseri umani possiedono libero arbitrio nelle proprie azioni, ma questo arbitrio e potere non sono indipendenti e in definitiva dipendono dalla volontà di Dio.[79] Vale la pena notare che gli sciiti zayditi condividono un’opinione simile a quella dei mutaziliti.[80]
I teologi sciiti, a differenza di quelli sunniti,[81] non credono nella rettitudine quale caratteristica di tutti i compagni del Profeta (S).[82] Essi sostengono che la mera compagnia del Profeta (S) non è una prova sufficiente per dimostrare la rettitudine di un compagno.[83] Eccetto gli zayditi,[84] tutte le altre denominazioni sciite avallano la pratica della taqiyya (dissimulazione precauzionale), cioè sostengono che quando esprimendo il proprio credo, ciò potrebbe portare a danni da parte degli avversari, è consentito nascondere tale credo o addirittura esprimere qualcosa contrario a ciò in cui si crede veramente.[85] Il tawassul è riconosciuto da tutte le denominazioni islamiche, tuttavia nell’Islam sciita esso occupa una posizione di rilievo.[86] A differenza di certi musulmani sunniti, come i wahabiti,[87] gli sciiti considerano meritorio chiedere l'intercessione del Profeta (S) e degli Imam (A) come mezzo per pregare Dio o avvicinarsi a Lui.[88] Il tawassul è strettamente legato al concetto dell’intercessione.[89] Secondo Shaykh al-Mufid, la dottrina dell’intercessione implica che, il Giorno della Resurrezione, il Profeta (S) e gli Imam (A) avranno la facoltà d’intercedere a nome dei peccatori e grazie alla loro intercessione Iddio concederà la salvezza a molti trasgressori.[90]
Giurisprudenza
- Articolo principale: Giurisprudenza
Tutti gli sciiti concordano sul fatto che il Corano e la tradizione profetica sono le due fonti principali da cui dedurre le norme della sharia.[91] Tuttavia essi divergono nel modo in cui utilizzano queste fonti, e nell’avvalersi di altre fonti di giurisprudenza. La maggioranza degli sciiti, inclusi gli imamiti e gli zayditi, hanno opinioni simili ai musulmani sunniti nel sostenere che la ragione e il consenso, in aggiunta al Corano e alla tradizione profetica, costituiscono fonti di giurisprudenza valide.[92] Tuttavia, gli ismailiti hanno una visione diversa. Secondo l’ismailismo non è permesso seguire alcun mujtahid. Al contrario, ciascun individuo deve dedurre le norme della sharia direttamente dal Corano, dalla tradizione profetica e dagli insegnamenti degli Imam.[93] In termini di tradizione profetica, gli zayditi sostengono che solo le parole e le pratiche del Profeta (S) sono autorevoli. Essi si rivolgono a fonti sunnite di hadith, come al-Sihah al-Sitta, per acquisire le tradizioni del Profeta (S).[94] Tuttavia gli imamiti e gli ismailiti hanno opinioni diverse. Essi considerano valide fonti di giurisprudenza, insieme alla tradizione profetica, anche gli hadith tramandati dai loro Imam.[95]
Inoltre, gli zayditi condividono il credo con i musulmani sunniti che l’analogia e l’istihsan (discrezione giuridica) sono valide fonti per dedurre le norme giuridiche.[96] Dall’altro lato, gli sciiti imamiti e ismailiti non considerano questi metodi come fonti valide.[97] Tuttavia in certi casi di divergenza tra musulmani sciiti duodecimani e musulmani sunniti, gli zayditi hanno adottato le fatwa sciite. Per esempio, al contrario dei musulmani sunniti, essi credono che la frase “hayy 'ala khayr al-'amal” è parte dell’azan (il richiamo alla preghiera) e non è permesso sostituirla con l’espressione “al-salat khayr min al-nawm” (la preghiera è meglio del sonno).[98] Riguardo al matrimonio temporaneo, che è un punto di contrasto tra i musulmani sciiti duodecimani e i musulmani sunniti, sia gli ismailiti che gli zayditi seguono la visione sunnita.[99] Al contrario degli imamiti, che permettono il matrimonio temporaneo, gli ismailiti e gli zayditi sono convinti che sia proibito.[100]
Popolazione e distribuzione geografica
Nel 2009 il "Pew Forum on Religion & Public Life" riportava che la popolazione globale sciita era salita dai 154 ai 200 milioni, costituendo approssimativamente dal 10 al 13% di tutti i musulmani.[101] Tuttavia vi sono opinioni divergenti, alcune suggerenti che la popolazione sciita ecceda i 300 milioni, rappresentando circa il 19% dei musulmani nel mondo.[102] Secondo una ricerca del Forum Pew sulle religioni e la vita pubblica, una maggioranza significativa di sciiti, oscillante tra il 68 e l’80%, risiede in quattro paesi: Iran, Iraq, Pakistan e India.[103] In base alle statistiche Pew del 2009, approssimativamente 66-70 milioni di sciiti (37-40% della popolazione sciita mondiale) vivono in Iran, 17-26 milioni (10-15%) in Pakistan, 16-24 milioni (9-14%) in India, 19-22 milioni (11-12%) in Iraq e 7-11 milioni (2-6%) in Turchia.[104] Gli sciiti formano la maggioranza della popolazione in paesi come l’Iran, l’Azerbaijan, il Bahrain e l’Iraq.[105] Inoltre le comunità sciite si possono trovare in varie regioni, tra cui il Medio Oriente, il nord Africa, l’Asia e l’Oceania, nonché negli Stati Uniti, in Canada,[106] China, in Cina,[107] e in molti altri paesi del mondo.
Governi
Nel corso della storia del mondo islamico, vi sono stati governi sciiti come quello degli Idrisiti, degli Alavidi del Tabaristan, della dinastia Buyid, degli zayditi nello Yemen, dei Fatimidi, degli Ismailiti di Alamut, dei Sarbadar di Sabzevar, della dinastia safavide e dell’attuale Repubblica Islamica dell’Iran. Il governo degli Idrisiti, sorto in Marocco e in parti dell’Algeria,[108] è riconosciuto come il primo governo sciita.[109] Fu fondato nel 172/788-9 da Idris, il nipote dell’Imam al-Hasan al-Mujtaba (A), e durò due secoli.[110] Il governo alavide in realtà era zaydita.[111] Gli zayditi governarono anche lo Yemen dal 284-897 al 1382/1963.[112] I governi dei Fatimidi e degli Ismailiti ad Alamut erano ismailiti. Chilūngar and Shāmurādī, Dawlat-hā-yi Shīʿī dar tārīkh, p. 155-157.</ref> Per quanto riguarda la dinastia Buyid vi sono varie opinioni, alcuni li considerano zayditi e altri imamiti. Altri ancora sostengono che inizialmente seguivano lo sciismo zaydita e successivamente si convertirono allo sciismo imamita.[113] Mohammad Khodabandeh, noto anche come Öljaitü (regno: 703/1304 - 716/1316), fu un sovrano della dinastia ilkhanata. Dichiarò lo sciismo duodecimano religione ufficiale del suo governo in Iran. Tuttavia per le pressioni della compagine islamica sunnita della sua amministrazione, egli successivamente revocò la propria dichiarazione e reintegrò l’Islam sunnita come religione ufficiale.[114] Si ritiene che il governo dei Sarbadar a Sabzevar fosse un governo sciita.[115] Tuttavia, secondo Rasul Jafarian, non si è in possesso di una conoscenza completa in merito all’esatta affiliazione denominazionale dei capi e dei sovrani dei Sarbadar, pur essendo evidente che i loro capi religiosi erano sufiti con inclinazioni sciite.[116] L’ultimo sovrano dei Sarbadar, Khoja 'Ali Mu'ayyad,[117] dichiarò lo sciismo imamita religione ufficiale del suo governo.[118] Il governo safavide, fondato in Iran da Shah Ismail I nel 907/1501, dichiarò lo sciismo duodecimano religione ufficiale.[119] Il suo governò giocò un ruolo significativo nella diffusione dello sciismo duodecimano in Iran; ne risultò una nazione a prevalenza sciita.[120] Nella Repubblica Islamica dell’Iran, i principi dello sciismo e la giurisprudenza sciita duodecimana costituiscono i fondamenti del governo.[121]
Approfondimenti
Il libro La shi'a nell’Islam dell’'Allamah Tabataba'i è utile come introduzione allo sciismo, inteso specificamente per i lettori non-musulmani. Questo libro, originalmente scritto in persiano e utilizzando un linguaggio comprensibile [a tutti], fornisce una concisa panoramica delle informazioni essenziali concernenti lo sciismo. È stato tradotto in varie lingue, incluso l’italiano. Sempre in lingua italiana, il libro Alla scoperta dell’Islam sciita del dott. Mohammad Ali Shomali è un’altra fonte per approfondire la conoscenza dell’Islam sciita.
Footnote
- ↑ Shahristānī, al-Milal wa al-niḥal, vol. 1, p. 131.
- ↑ Mufīd, Awāʾil al-maqālāt, p. 35.
- ↑ See: Ījī, Sharḥ al-Mawāqif, vol. 8, p. 354.
- ↑ See: Jaʿfariyān, Tārīkh-i Tashayyuʿ dar Irān az āghāz tā ṭulūʿ-i dawlat-i Ṣafawī, p. 22, 27.
- ↑ Jaʿfariyān, Tārīkh-i Tashayyuʿ dar Irān az āghāz tā ṭulūʿ-i dawlat-i Ṣafawī, p. 28.
- ↑ Farāhīdī, al-ʿAyn, under the word "Shayʿ and Shawʿ".
- ↑ Muḥarramī, Tārīkh-i Tashayyuʿ, p. 43,44; Fayyāḍ, Piydāyish wa gustarish-i Tashayyuʿ, p. 49-53.
- ↑ See: Ṭabāṭabāʾī, Shīʿa dar Islām, vol. 1, p. 29, Ṣābirī, Tārīkh-i firaq-i islāmī, p. 18-20.
- ↑ Suyūṭī, al-Durr al-manthūr, vol. 6, p. 379.
- ↑ Ibn ʿAsākir, Tārīkh madīnat Dimashq, vol. 42, p. 332.
- ↑ Ṣābirī, Tārīkh-i firaq-i Islāmī, p. 20.
- ↑ Ṭabāṭabāʾī, Shīʿa dar Islām, p. 32-33.
- ↑ See: Nāshī Akbar, Masāʾil al-imāma, p. 22-23.
- ↑ Shahristānī, al-Milal wa al-niḥal, vol. 1, p. 131.
- ↑ Anṣarī, Imāmat (Imāmat nazd-i Imāmīyya), p. 137; Sulṭānī, Tārīkh wa ʿaqāʾid Zaydiyya, p. 256, 257.
- ↑ Daftarī, Tārīkh wa sunnat-hā-yi Ismāʿīlīyya, p. 213.
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